L’Osservatorio Ximeniano di Firenze e il contributo alla moderna sismologia

L’Osservatorio Ximeniano di Firenze è un luogo sospeso nel tempo pieno di storie e fascino.

Situato[1] al numero 26 di Via Borgo San Lorenzo, a Firenze, a 100 metri in linea d’aria dal Duomo e dal Battistero, rimane un luogo nascosto a passanti, cittadini e turisti che non alzano lo sguardo oltre la linea dei negozi e ristoranti. È dalla piazza antistante la basilica di San Lorenzo e ancor più dalla nota Cupola del Brunelleschi o dal Campanile di Giotto che l’anomalia di una verde cupola astronomica rende palese la diversa destinazione d’uso rispetto ai palazzi attigui. È nel piano alto che l’Osservatorio diviene parte peculiare dello skyline della città con le sue anomalie di forme e i colori verderame, in contrasto con gli attigui tetti rossi, così da fare sorgere la spontanea domanda a molti turisti (e fiorentini): cos’è?

Sebbene sia evidente il suo passato le osservazioni astronomiche sono oramai impossibili a causa dell’inquinamento luminoso della città. Dunque cosa c’è e cosa si fa lì?

L’Osservatorio Ximeniano è molto più di una cupola astronomica (comunque funzionante, dotata di un telescopio ligneo del 1861) nello skyline della città, vicino alla storica insegna “Martini” e a monumenti conosciuti in tutto il mondo. Ovviamente in ombra rispetto a ben noti luoghi e musei di Firenze, fino a oggi non adeguatamente pubblicizzato, tutelato, curato e valorizzato come meriterebbe dal mondo delle istituzioni, le mura dell’Osservatorio, dalle fondamenta alla torretta astronomica, conservano un patrimonio strumentale notevole e raccontano incredibili storie scientifiche e umane in vari campi del sapere.

L’Osservatorio nasce nel 1756, fondato da Leonardo Ximenes, Gesuita, ingegnere idraulico, trapanese di origini spagnole. Accolto nel Granducato, troverà sotto i Lorena una sistemazione ideale per dedicarsi a studi e osservazioni, non trascurando la realizzazione pratica di progetti come la bonifica di intere porzioni del territorio toscano e la realizzazione di strade e ponti ancor oggi utilizzati da ignari viaggiatori.

L’Osservatorio è stato teatro di scoperte e invenzioni: Ximenes con le sue misure e osservazioni sul sole calcolò l’obliquità dell’eclittica ottenendo onori internazionali, prestigio e fama tale da proteggerlo anche quando l’Ordine dei Gesuiti fu sciolto dal Papa nel 1773. Ximenes rimase a Firenze, all’Osservatorio, protetto dal Granduca e libero di continuare le sue ricerche, anche aiutato nei suoi movimenti interni all’Osservatorio da passaggi segreti, oggi ammirati dai visitatori. Quando il collegio gesuita, soppresso, fu acquistato dai PP. Scolopi, Ximenes vi fu ospitato fino alla morte nel 1786. Per riconoscenza, Ximenes lasciò tutta la sua ricchissima biblioteca e strumentazione ai PP. Scolopi e questi ultimi gli dedicarono l’Osservatorio, che dai primi anni Dieci del XIX secolo avviò anche osservazioni meteorologiche.

Nei primi decenni dell’Ottocento Giovanni Inghirami, utilizzando teodoliti e aste graduate dette vita a mappe geometriche del territorio del Granducato, molto precise e dettagliate, ancora oggi esposte in originale all’Osservatorio. Filippo Cecchi nella seconda metà dell’Ottocento e Guido Alfani nelle prime quattro decadi del Novecento, sono da annoverare in più ambiti scientifici. Tra le mura dell’Osservatorio si sono concretizzate le idee di Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, inventori del primo motore della storia a combustione interna, ovvero a scoppio, depositato come brevetto all’accademia dei Georgofili nel 1853. Guglielmo Marconi visitò la stazione radio di Alfani da lui costruita e utilizzata per sincronizzare l’orologio dei sismografi con il segnale ricevuto dalla Tour Eiffel. Rimanendo in tema di sismologia, scale, corridoi e stanze dell’Osservatorio sono state percorse da personaggi come Fusakichi Omori e probabilmente Boris Galizin (Alfani modificò e costruì in proprio versioni adattate dei loro sismografi), oltre a tanti colleghi italiani ed europei di epoca moderna che non rimangono mai insensibili al fascino, alla storia, alle idee che allo Ximeniano hanno lasciato un’impronta nella storia della scienza e della tecnologia.

Padre Guido Alfani con Fusakichi Omori (a sinistra) e con Guglielmo Marconi (a destra).

Ci sono dei motivi alla base del sapere scientifico fiorentino: è un disegno che parte dai Medici, con la raccolta nel tempo di immensi tesori naturali, geologici, botanici, strumenti di fisica e medicina, e passa da Galileo e dall’Accademia del Cimento (“provando e riprovando”). È poi la precisa volontà da parte di lungimiranti Granduchi di Lorena, nel Sette/Ottocento, a dare ulteriore spinta alla ricerca scientifica, creando scuole e aprendo la raccolta di collezioni a tutta la popolazione. A Firenze, nel 1775, apre il primo museo scientifico europeo, con 7000 visitatori nel primo anno, l’84% dei quali appartenenti al “terzo stato” e il 30% donne, dato straordinario per l’epoca (Cavini, 2021). A Firenze nasce il primo politecnico, nel 1857, prima di Torino e Milano che forma nel tempo eccellenti artigiani e meccanici. Per questo alcuni strumenti scientifici successivi concettualmente e meccanicamente avanzati sono realizzati con qualità e precisione. Non è un caso che industrie come Nuovo Pignone o Leonardo (ex Officine Galileo) siano realtà industriali della periferia di Firenze.

Questo sapere e capacità scientifica e tecnica non si traduce però solo in un lascito di strumenti ma anche di archivi e dati. La biblioteca “antica” raccoglie volumi di scienza e letteratura di Ximenes mentre la biblioteca “nuova” è una sorta di “hard disk di backup” sette/otto/novecentesco del sapere scientifico con bollettini, dati, pubblicazioni di Osservatori e scienziati sparsi in tutto il mondo (California, Giappone, Indonesia…). In ambito sismologico si trovano volumi coevi a eventi mondiali come il grande terremoto del 1923 in Giappone o l’intero rapporto Lawson del terremoto di San Francisco del 1906 che ispirarono Reid nella formulazione della teoria dell’elastic rebound (il rilascio praticamente istantaneo di energia elastica accumulata in porzioni di crosta terrestre in tempi molto più lunghi a causa di lenti movimenti di deformazione). Sfogliare misure, osservazioni, fotografie dell’epoca è interessante e significativo per qualunque geofisico.

Nel 2018 lo Ximeniano è stato insignito dello speciale riconoscimento della World Meteorological Organization (WMO, https://wmo.int), agenzia specializzata delle Nazioni Unite per la sua eccellenza nell’ambito della meteorologia: l’Osservatorio, infatti, già prima della sua fondazione è punto di raccolta dei una rete medicea, attiva già nel 1657 con varie città italiane ed europee (Innsbruck, Parigi, Londra, Varsavia), conserva una serie temporale continua (dal 1812) di dati meteo (temperatura, pressione, umidità, direzione del vento ecc.). Solo 5 stazioni al mondo hanno serie temporali così lunghe ma solo a Firenze le misure sono prese esattamente nello stesso luogo, sulla terrazza e sulle torrette dei tetti, sebbene con strumenti via via più sofisticati nel tempo e aumentando la frequenza oraria di campionamento dei dati.

Riconoscimento all’Osservatorio Ximeniano della World Meteorological Organization (WMO).

“Forse non tutti sanno che…”: Il primo sismografo

Come recita il titolo della nota rubrica della Settimana Enigmistica, l’Osservatorio Ximeniano conserva straordinari strumenti nel campo della sismologia mondiale, purtroppo non noti a istituzioni, cittadini e anche a molti sismologi. Senza giri di parole è possibile affermare che la moderna sismologia strumentale ha i suoi più importanti contributi a Firenze, tra i sotterranei e le torrette astronomiche dello Ximeniano. Nel 1875, infatti, Padre Filippo Cecchi, di Ponte Buggianese (PT), Scolopio, fisico, teorizza e realizza il prototipo del “sismografo elettrico a carte affumicate scorrevoli”, il primo sismografo a tre componenti della storia (si veda ad esempio Lay e Wallace, 1995, pag. 5 e 174). Non è il primo strumento a “scrivere” e “rappresentare graficamente” la traccia del movimento “sismico” del terreno su un qualche sistema di registrazione (carta, sabbia, mercurio). Fino a quel momento altri illustri studiosi avevano realizzato, generalmente sul principio del pendolo, strumenti capaci di dare indicazioni della direzione del movimento e dell’ampiezza delle oscillazioni (almeno entro i limiti fisici del contatto fisico tra pennino e supporto di scrittura), ma lo strumento di Cecchi va decisamente oltre. Il sismografo elettrico a carte affumicate scorrevoli rende esplicita una modalità di registrazione dell’informazione ancora oggi alla base di tutti i sismografi nel mondo: è il primo strumento a “scomporre” il movimento quadridimensionale (cioè nello spazio-tempo) del terreno polarizzandolo in funzione del tempo e in tre direzioni principali: N-S, E-W e direzione verticale (Z), terna che ancora oggi costituisce la base di qualunque sismografo al mondo.

A sinistra: prototipo originale del “sismografo elettrico a carte affumicate scorrevoli”, del 1875, conservato nel Gabinetto Cecchi dello Ximeniano. Un avvisatore sismico sensibile al primo impulso di un terremoto chiudeva elettricamente un circuito, sbloccando l’orologio (convenzionalmente fissato alle 12, registrando così il tempo dall’inizio del terremoto) e il meccanismo principale di tipo meccanico per la scrittura e registrazione. Le lastre affumicate sui quattro lati di un parallelepipedo, scorrevano trascinate da pesi e registravano l’oscillazione dei due pendoli delle componenti orizzontali, della molla della componente verticale e del bilanciere dei movimenti rotatori attraverso i pennini a essi collegati. A destra: ritratto di Filippo Cecchi.

Il movimento di ogni direzione veniva registrato su “carte scorrevoli”, in realtà lastre mobili affumicate, azionate meccanicamente da pesi, che si spostavano sotto i pennini collegati ai pendoli in movimento fissando così la traccia nelle tre direzioni. A dire il vero la terna di scomposizione del movimento del suolo (NS, EW, Z) era inizialmente una quaterna perché prevedeva la trascrizione anche di moti “vorticosi” (rotatori), all’epoca teorizzati. Su questo principio sono stati poi realizzati i primi sismografi con successive evoluzioni, venduti a osservatori italiani ed esteri (uno andò a Manila) o donati. È grazie a una evoluzione di questo strumento che al regio collegio “Carlo Alberto” di Moncalieri (TO) venne registrato il terremoto della Liguria occidentale del 1887 (figura sotto).

A sinistra: il più antico sismogramma registrato da un sismografo Cecchi a carte affumicate scorrevoli nel 1887, che ci è giunto perché pubblicato dal Bollettino dell’Osservatorio di Moncalieri dove funzionava lo strumento. Al centro: sismografo elettrico a registrazione continua, 1882. A destra: sismografo analizzatore a doppio pendolo, 1886

Il passaggio alla “terna sismica” in funzione del tempo è un momento fondamentale e una svolta per la sismologia. Ogni sismografo attuale nasce da questa semplice, rivoluzionaria idea, arrivata intatta, ai giorni nostri nei disegni di progetto e nel prototipo originale. Grazie a questa scomposizione sarà possibile, nei decenni successivi fino ai giorni nostri, ricavare informazioni geofisiche su molte caratteristiche dei terremoti, impensabili con i grafici lasciati dai pendoli con tracce dello scuotimento sovrapposte nel tempo e nello spazio. In questo senso il sismografo è una sorta di stele di Rosetta sismologica che rende possibile decodificare lo scuotimento e le varie tipologie di onde generate da un terremoto attraverso la sua rappresentazione in una modalità “ordinata” nello spazio e nel tempo.

Una seconda innovazione è inoltre da attribuire a Filippo Cecchi, nel “sismografo elettrico a registrazione continua”, presente all’Osservatorio Ximeniano e datato 1882. Il semplice scorrimento di lastre rende finito e quindi limitato lo spazio di registrazione. Cecchi introdusse la scrittura su rullo rendendo così continua la registrazione grazie a una vite senza fine che traslava il rullo lungo l’asse della vite stessa permettendo così un grande aumento della lunghezza della registrazione. È il prototipo di tutti i registratori analogici della storia successiva della sismologia, mandati in pensione solo con l’avvento del digitale.

Nel 1886 Cecchi riuscì a superarsi con l’invenzione del “sismografo analizzatore a doppio pendolo”, conservato allo Ximeniano in originale, in cui le tre componenti del moto sono registrate su due soli rulli – uno più largo per ospitare anche la registrazione della componente verticale – accoppiati da ingranaggi conici così da garantire la sincronizzazione delle registrazioni delle tre componenti del moto sismico. Uno degli esemplari costruiti fu donato al Papa.

Ximeniano e INGV

La storia dello Ximeniano ha incrociato molte volte quella dell’INGV. Da diversi decenni nel Gabinetto sotterraneo “Alfani” dell’Osservatorio opera la stazione (sigla FIR) che partecipa alla Rete sismica nazionale dell’INGV, mentre una serie di convenzioni tra INGV e Fondazione Osservatorio Ximeniano ha promosso da oltre 15 anni varie attività di recupero e di valorizzazione del patrimonio storico-scientifico dell’Osservatorio. Grazie al gruppo SISMOS, in particolare, e all’impegno di ricercatori “locali” sono state portate avanti linee di lavoro come la riproduzione digitale di documentazione storica, il recupero del patrimonio strumentale della sezione sismologica e la sua promozione grazie a conferenze, mostre, meeting. In particolare, dalla collaborazione tra INGV e Fondazione Osservatorio Ximeniano sono nate iniziative di grande risalto, come la mostra divulgativa “Dal Cielo alla Terra: meteorologia e sismologia a Firenze dall’Ottocento a oggi”, tenuta nella Galleria delle Carrozze dell’attiguo Palazzo Medici Riccardi (gennaio-maggio 2013) che ha registrato oltre 100.000 accessi e relativo catalogo degli strumenti, molti dei quali restaurati da INGV (Ferrari, 2014).

Dal 2021 è attiva una convenzione triennale tra il nostro istituto e la Fondazione Osservatorio Ximeniano (da pochi giorni rinnovata anche per il triennio 2024-2027) che permette l’accesso e garantisce spazi e postazioni per l’attività di ricerca di alcuni ricercatori delle sezioni INGV di Bologna e Pisa. È possibile, inoltre, utilizzare gli spazi comuni a cui INGV ha accesso all’interno dell’Osservatorio per l’organizzazione di meeting e congressi, generalmente con la possibilità di accesso alle sale museali e alla collezione di strumenti storici.

Oltre alle tematiche prima ricordate, la visita dell’Osservatorio viene garantita da anni tra le attività di terza missione dell’INGV come “La notte dei ricercatori”, in collaborazione con Bright di Pisa e Society di Bologna. Altre iniziative sempre legate a “La notte dei ricercatori” riguardano conferenze divulgative su vari temi (cambiamenti climatici, vulcanismo, terremoti e pericolosità) che ricercatori INGV garantiscono alla cittadinanza. Anche quest’anno sono già state messe in calendario 4 conferenze nel periodo maggio-giugno a cui si aggiungeranno altre tra settembre e ottobre (in via di definizione).

a cura di Gianfranco Vannucci e Graziano Ferrari, INGV-Bo.

[1] come attuale ingresso

Bibliografia

  • Cavini D. (2021). Storia di un’altra Firenze. Neri Pozza ed., 416 pp.
  • Ferrari G. (a cura di) (2014). Dal Cielo alla terra. Meteorologia e sismologia in Italia dall’Ottocento a oggi, Bononia University Press, Bologna, 383 pp.
  • Lay T. and T. C. Wallace (1995). Modern Global Seismology. Academic Press, Inc., Cambridge, MA, 521 pp.

L’Osservatorio Ximeniano di Firenze e il contributo alla moderna sismologia


Pubblicato

in

da

Tag:

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *